Fare ricerca sul vino comporta tempo, ma soprattutto denaro.

A volte invidio coloro i quali bevono da anni gli stessi vini, ma subito dopo ritorno in me.

Oggi si parla di Sud, quel sud della Francia dove, sempre con maggior vigore, tanti giovani stanno facendo conoscere un modo diverso di fare vino, in un territorio tanto impervio quanto affascinante, tanto difficile quanto potenzialmente devastante, nel quale pochi vini sono riusciti ad emergere, dove sono da sempre usciti mosti a quindici/sedici gradi alcol, imbevibili, brucianti, sotto l’effetto di un’enologia invasiva. Già da qualche anno un movimento di vignaioli consapevoli e rispettosi, sta cambiando le carte in tavola, in quella lingua di terra che da Narbonne arriva fino a Banyuls: il Roussillon.

Si vedono sempre più vini da agricoltura naturale, vini con dei prezzi popolarissimi, vini che sono fatti su misura per la tavola, gastronomici e gioiosi, senza cadere in banalità.

Già da qualche mese sto seguendo i vini di un giovane Danese -Rasmus Aamand Olesen- biologo, trapiantato a Banyuls-sur-Mer, arrivato nell’aspro sud nel 2016 in cerca della propria strada, il quale ha avviato, dopo solo un anno dal suo arrivo, la propria azienda:  Nénu-vin de deux mains.

Dopo aver lavorato come cantiniere per il Domaine Traginer, si stabilisce a Colliure, AOC che si sovrappone alla più conosciuta Banyuls-sur-Mer, un’area che personalmente non ha mai attirato la mia attenzione, anche se grazie al movimento di cui parlavo in precedenza, molti vini stanno passando dalla mia tavola e molta curiosità stanno suscitando in me. Al contrario, quest’area, mi ha sempre affascinato per le stupende viti terrazzate che si tuffano nel mare, un luogo di perdizione e di immaginazione.

La sua prima annata è stata appunto la 2017.

Il suo primo vino da me bevuto “Sur Lies” 2017 -grenache gris in purezza- mi deluse e non poco. Vino goffo e spanciato, dove le noti di (sur)maturazione del frutto portavano dolcezze mielose poco piacevoli. Questa la risposta del vignaiolo alle mie curiosità: “I agree that the white was too rich. It’s was my first year as a winemaker and I got a little bit surprised by how fast the Grenache Gris accelerated its maturation”. Ho voluto riportare il suo messaggio per far capire l’umiltà ed il gran senso di schiettezza che molte volte mancano a tanti produttori. Vabbè, questa è un’altra storia.

Chiaramente non mi sono certo fermato al primo assaggio, viste e sentite anche alcune sirene positive sui vini in questione. I prodotti bevuti successivamente mi hanno fatto capire quanta sensibilità e quanta identità ci fossero nei vini di Rasmus. I nomi dei suoi vini sono molto singolari e cambiano ogni anno, ad esempio, l’altra greanache gris che ho bevuto si chiama “lying in the grass, watching clouds go by” 2018, tutto ciò lo traduco in libertà e leggerezza, proprio come il vino in questione, libero e spigliato, ma senza scadere in anoressicità.

Passando per il rosè “Pink oceans on a mountain top” 2019, grenache noir (85%) e mourvedre (15%), aereo, con una leggera volatile amministrata con maestria, la quale permette al sorso di distendersi ed allungarsi. Frutto nitido e rosso ferrari, cosi come la cilindrata, grande bottiglia, forse la migliore bevuta dal sottoscritto.

Infine il rosso, il vino d’entrata “Net,fruit rouge” 2017, assemblaggio di Mourvedre (65%) e Grenache Noir (35%) con il quale è scoccata subito la scintilla. Il lavoro di rispetto e di accompagnamento, mischiato ai vecchi alberelli terrazzati e l’equilibrio nella vigna, hanno permesso, nonostante i quindici gradi alcol, di uscire con un vino stirato, polposo ma mai stancante, saporito e di sale, di frutto turgido e ben composto, con quelle note mediterranee incisive e vere.

Una cura maniacale dei dettagli la possiamo trovare anche nelle etichette, create a mano, fermate con un elastico, per permettere, una volta finita la bottiglia, di tenerle come souvenir. Al loro interno possiamo trovare dei disegni pensati da Rasmus e disegnati dal cugino, dove ognuna riporta i gesti del lavoro, in vigna ed in cantina. Un’idea singolare e molto artigianale.

Sicuramente nell’ultima vendemmia c’è più consapevolezza ed esperienza, maturata grazie all’ascolto del calore, del vento, della luce e del mare, così da permettere tutto ciò che gravita attorno.

Di vini ce ne sono altri da assaggiare, anche perché ogni anno le cuvée cambiano a seconda dell’uva che arriva in cantina.

Siamo solo all’inizio. Gioco venti monete su questo ragazzo Danese, il quale farà parlare molto di sé.