Siamo sotto le feste natalizie e come ogni anno vedremo uscire dozzine di scritti con i consigli su cosa stappare, dove, come e perché. “Champagne sotto ai 30 euro”, “ancestrali che non ti aspetti”, “metodo classico prodotti ai Parioli”.
Se cercate gli spunti di cui sopra, probabilmente le prossime quattro righe non desteranno il vostro interesse, mentre invece se siete curiosi e volete approfondire le differenze tra i vari comuni, in questo caso della Côte des Blancs, siete nel posto giusto, almeno spero.

Composizione dei terreni.

Una delle cose fondamentali che distingue la Champagne da tutti gli altri distretti vinicoli, è la presenza cospicua del gesso, “Craie”. Questo calcare deriva dalla presenza -in tempi remoti- del mare; un mare molto basso come livello di profondità dell’acqua, ma pur sempre un mare, il quale ritirandosi ha lasciato 250 metri di spessore di questo terreno, derivato dalla decomposizione e dal compattamento delle creaturine che lo popolavano. Ne esistono di ogni, ma quello principale è il gesso di “belembite”, una specie di calamaretto che popolava i mari di questa zona, il quale scheletro  -nei millenni- compattandosi, ha dato origine a questo tipo di terreno.

“Craie”

Caratteristiche.

Il ruolo del gesso è fondamentale, in quanto grandissimo regolatore termico, riuscendo ad immagazzinare calore durante il giorno e rilasciarlo durante la notte, similarmente ai ciottoli di Châteauneuf du Pape, ampliando il gap di tempo in cui la pianta normalmente lavora.
Ma c’è un altro aspetto, non meno importante del precedente, ovvero la capacità idroscopica di questo sottosuolo: un metro cubo di gesso può contenere fino a 400 litri di acqua (!!!) ciò comporta alla pianta di non andare mai in stress idrico, trovando una fonte sempre aperta nei mesi di siccità.

Estensione.

 

La parte più estrema del vigneto Champenoise si trova a circa 40 minuti da Parigi, verso est.
Un’area molto vasta che può contare circa 34000 ettari vitati, suddivisi in 319 comuni/villaggi/cru e solo per convenzione/comodità, si tende a suddividere la Champagne in 4 grandi regioni: la Montagne de Reims, la Vallèe de la Marne, la Côte des Blancs e l’Aube. Tutto ciò può avere effetti e opinioni contrastanti. La suddivisione dei confini ha portato ad una schematicità e approssimazione delle varie zone. L’associazione vitigno-area è l’errore più madornale che si possa commettere, in quanto, grazie alle nuove generazioni, ci sono espressioni bellissime e suggestive di Chardonnay in alcuni villaggi, ad esempio, della Montagne de Reims. Inoltre, ci troviamo nel bicchiere vini provenienti da comuni che ricadono in una delle quattro aree sopra citate, ma che non hanno niente a che fare con i vini di quella stessa zona. Per cui, quando parliamo di Champagne, sarebbe opportuno parlare di villaggi/comuni/cru e non in maniera semplicistica di macro aree.

Côte des Blancs.

Tradizionalmente l’area storica denominata Côte des Blancs è quella posta a sud di Epernay. Quando si è deciso di suddividere in quattro grandi macro aree la Champagne, per convenzione e per dare una nomenclatura unitaria alla zona, è scappata un po’ la mano, andando ad includere la Côte de Sezanne, la Côte Vitry più a est, ed una piccola isoletta di circa 200 ettari, ovvero Montgueux.

Possiamo dunque affermare che esiste la Côte des Blancs macro area e la Côte des Blancs micro area.

Zona storica.

3400 ettari. Una lingua di terra che misura 20 km scarsi, comprendente 13 villaggi, di cui 6 Grand Cru e 7 Premier Cru. Le espressioni dello Chardonnay più illuminanti, più emozionanti, provengono da questo piccolo angolo della Francia.
Sentire anche solo nominare villaggi come Avize, Les Mesnil sur Oger, Cramant, Vertus, può far venire la pelle d’oca, per ogni appassionato che si ritiene tale, una sorta di venerazione, condita a momenti di puro orgasmo.
 
Le radici delle piante, per trovare nutrimento, affondano nel gesso di cui sopra, chiaramente riscontrabile nel bicchiere.
Si trova quasi tutta in Coteaux -collina- tralasciando i due comuni iniziali, la Côte des Blancs da un certo punto è un grande declivio, tutta vitata, dove si fa fatica anche a capire i confini comunali, dato l’impressionante mare di vigneti presenti.
Cominciamo dal comune più a nord.

Chouilly
Grand Cru subito a sud di Epernay.
Le parcellizzazioni richiamano storia è cultura.
Con 522 ha può fregiarsi con la medaglia di comune più vitato della Champagne.
Domina incontrastato lo Chardonnay con il 99% di superfice contro l’1% di Pinot Noir.
Zona più calda rispetto ad altri comuni, di conseguenza avremo, distinguo a parte, vini più voluttuosi, più pieni, più strutturati, dal carattere rotondo.

Cuis
Comune che ha un’importanza modesta in Champagne, esposizioni con pendii rivolti a nord-nord/est, irradiazione solare minore, vini meno maturi, più “diluiti”, con meno complessità generali.
Per contro hanno vivacità e immediatezza. Molto raro trovarvi champagne di singolo vigneto in questo comune.

Cramant
350 ha completamente a Chardonnay. Fortunato per la propria localizzazione. Un grandissimo anfiteatro aperto a est dalle pendenze gentili, insolazione assoluta. Vini molto complessi, mineralità e forza.

Avize 
Solo a nominarlo fa venire la pelle d’oca.
270 ha quasi tutti a Chardonnay. Gesso affiorante, solo 20 cm di terra. Alta acidità, mineralità all’ennesima potenza, frutto concentrazione eleganza. Tanti produttori di spicco, i vari Selosse, De Sousa, Agrapart, i quali hanno uno stile molto personale che mette in risalto la personalità di ognuno.

Oger
Altro Grand Cru importante. Ci troviamo nella seconda metà della Côte des Blancs, possiamo già riscontrare evidenti differenze dai sopra citati. Pendio esposto a est, con vigne piantate fino al limite estremo della foresta, addirittura se ne riscontra al di la della statale, dove i terreni sono più pianeggianti. Vini maturi, ricchi, meno di Chouilly ma pur sempre potenti.

Les Mesnil sur Oger
Forse il nome più famoso, accostato al Clos du Mesnil di Krug. 433 ha vitati. Inclinazioni varie, non c’è una conformazione lineare come nei precedenti villaggi. Oltre a questo anche il suolo inizia a mutare, inizia a vedersi l’argilla mista a gesso, dando un carattere più elegante, vini per certi versi simili alla Borgogna.

Vertus 
Villaggio suddivisibile in due: la parte più a nord che confina con Les Mesnil sur Oger è assimilabile ad esso, sia come suolo che come esposizione; facendo un semicerchio e prendendo la parte che ruota, troviamo una percentuale di argilla più evidente, ed un’ esposizione diversa. Unica zona della Côte des Blanc ad avere circa il 10% di Pinot Noir.
Vini più rotondi e strutturati.

Pierry 
Zona che fa da cerniera tra la Côte des Blancs e la Vallè de la Marne. 110 ha suddivisi tra 50% Meunier 32% Chardonnay 18% Pinot Noir

EXTRA: una cuvée nella cuvée

Ultimo per processo ma non per importanza, dopo gli assemblaggi tra vigne di più comuni, dopo l’assemblaggio dei vin de reserve -dove la sensibilità e l’abilità dell’uomo può essere decisiva- dopo la presa di spuma, ecco apparire il dosaggio, una vera cuvée nella cuvée. Per rimpiazzare quei centilitri che si perdono in fase di degorgement, si deve comporre un assemblaggio che vada a completare ciò che è stato costruito nelle fasi precedenti.
Lo zucchero non è il salvatore della patria, se hai un prodotto scadente non potrà certo fare miracoli, ma ha il potere di smussare, in taluni casi, le durezze di alcuni vini. Possiamo inoltre creare una liquer che non contenga zuccheri, andando ad utilizzare lo stesso identico vino, della stessa annata e dello stesso lotto; in annata dove il grado alcolico risulti ancora troppo basso dopo la seconda fermentazione in bottiglia, possiamo aggiungere del cognac o dell’acquavite. E ancora: zucchero di canna, di barbabietola, d’uva. Si capisce ovviamente quanto sia fondamentale la questione dosaggio.

Veniamo agli assaggi.

LES MESNIL SUR OGER-OGER
Claude Cazals “Carte Or”
100% Chardonnay
Dosaggio 8 gr./l
Mela Golden, pesca bianca, iodio, nocciolina, agrume. La bocca è un po’ addolcita ma la vena acida controbatte e difende dalla stucchevolezza. Una vena acida chiaramente sostenuta e esaltata dalla sapidità. Vino non improntato sulla profondità, medio volume, finale non particolarmente lungo ma pulito e schietto. Entrèe.

AVIZE
Agrapart “Complantèe”
Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Meunier, Pinot Blanc, Arbanne, Petit Meslier
Base 2015 con un 20% 2014
Degorg. Gennaio 2018
Dosaggio 5 gr./l
Pesca sciroppata, pan brioche, agrume dolce che ricorda il bergamotto e il cedro. Olfattivamente stanca dopo poco che sta nel bicchiere, dolcezza ascrivibile, presumo, a raccolta molto matura. Al palato è slegato, carbonica esuberante, acidità scissa dal corpo del vino, chiude secco. Vino senza strappi.

VERTUS
Doyard “Clos de l’abbaye” 2012
100% Chardonnay
Vigna di 70 anni
Degorg. 2017
Dosaggio 3 gr./l
Uno dei pochi Clos presenti nella regione.
Dopo la magnifica 2008, il millesimo 2012 Lo stile Doyard è giocato sempre su grande maturità di frutto, integrata a spezie fini, noce moscata e cardamomo, chiude il quadro la caramella d’orzo e il gesso. Bocca tridimensionale e voluminosa, straborda il frutto poi arriva acidità “dolce”, connessa alla trama di questo magnifico champagne.
Ritornano gli echi speziati sul finale di bocca.

CRAMANT
Diebolt Vallois “Fleur de Passion” 2008
Età media vigne 65 anni -8 parcelle-
Dosaggio 6 gr./l
Degorg.2012
Vivace già dal colore, frutto molto meno pronunciato rispetto al precedente, ma sempre ben presente,  pietra bagnata, spezia dolce, erbe aromatiche, pasta di mela, complessità olfattiva sbalorditiva.
Vino di tensione, ancora molto indietro sotto tanti punti di vista, un martello pneumatico che non molla un secondo, profondità gustativa clamorosa.

PIERRY
Bruno Michel “Cuvee Pauline” 1997
100% chardonnay
Degorg.Nov.2017
Dosaggio 1 gr./l
Sidro e ossidazioni a dare complessità, sigaro, frutto stramaturo, balsami e erbe officinali.
Molto personale come Champagne, divide le platee, al contrario di Doyard il quale mette tutti, o quasi, d’accordo. A me è piaciuto un casino, profondità gustativa disarmante, carbonica finissima che lavora in maniera perpetua e uniforme. Mezzo punto in meno per una chiusura acida un filo troppo “rugosa”, ma potrei scommetterci il No.5 di Pollock che non ho, che tale rugosità si amalgamerà.