La porta d’ingresso settentrionale della Borgogna più nobile, ma anche l’inizio, per come lo conoscono i propri appassionati, della Côte d’Or. In realtà la Côte inizia nella prima periferia di Digione, precisamente nel comune di Chenôve, facente parte dell’Aoc Marsannay, per poi attraversare altri due comuni -Marsannnay La Côte e Couchey- giungendo, forse, nella fascia di terra tra le più benedette e tra le più storiche del pianeta terracqueo.

 

Si può non aver mai assaggiato un pineau d’aunis della Loira, si può non conoscere il gamay di Brouilly, si può anche peccare verso il savagnin di Rotalier, ma sfido chiunque a non conoscere, anche per sentito dire, Gevrey Chambertin.

 

Sono molti i meriti da attestare a Gevrey per quanto riguarda il coinvolgimento di tutta la Côte sotto vari aspetti, sia umanistici che culturali. Uno di questi riguarda il suffisso accanto al proprio nome originario, difatti è stato il primo comune ad affiancargli il nome della sua vigna migliore nel 1847. Via via, negli anni successivi, tutti i comuni seguirono la geniale intuizione, capendo l’importanza che acquistava il vino ivi prodotto.

 

È il comune più esteso di tutta la Côte, conta 500 ettari vitati, di cui circa 50 nel confinante comune di Brochon, mai ripagato con una propria denominazione. In questa piccola area le parcelle sono tutte catalogate “villages”, per come la vedo io l’unione con Gevrey ha nobilitato sia le vigne che i vini stessi, forgiandosi di una menzione importante.

 

 

Il prossimo dato ci fa capire come Gevrey Chambertin sia da sempre riconosciuto come l’areale di produzione più importante, non solo della Borgogna tutta, ma dell’intero panorama vitivinicolo mondiale. Dei 32 Grand Cru di tutta la Côte d’Or, ben NOVE (!) si trovano nel suddetto comune. Ognuno di essi ha la parola Chambertin nel nome: Mazoyères-Chambertin, Latricières-Chambertin, Chambertin, Charmes-Chambertin, Chambertin-Clos de Bèze, Griotte-Chambertin, Chapelle-Chambertin, Mazis-Chambertin, Ruchottes-Chambertin. Costoro sono tutti ubicati in un’unica fascia, tra la grandissima Combe de Lavaux – una delle cinque presenti in questo comune- ed il comune di Morey-Saint-Denis.

 

Il pinot noir qua prodotto è tra i più energici, ricchi e consistenti di tutta la Borgogna. Purtroppo negli ultimi anni c’è stato un aumento dei prezzi esorbitante, comprare alcune bottiglie prodotte in questi terreni è diventato per molti impossibile, me compreso, per questo motivo stanno uscendo quelle realtà soffocate fino a una dozzina di anni fa, soprattutto in Côte de Beaune, dove con prezzi ancora irrisori, si stanno facendo spazio, mettendosi in luce anche verso i buyer internazionali.

 

Sempre più appassionati che vogliono avvicinarsi a questo caleidoscopico territorio, fanno di tutto per bere e/o accaparrarsi qualche bottiglia, ho conosciuto qualcuno che addirittura è arrivato a compiere un paio di rapine a mano armata, ma non posso dilungarmi su questo avvenimento.

 

La fitta rete dei fun borgognoni è espansa in tutta Italia, per cui capita spesso di ritrovarsi per stappare quelle bottiglie che altrimenti non assaggeremmo mai, in poca sostanza: l’unione fa la forza! Oltretutto sono nate anche delle bellissime amicizie, ma il lato sentimentale lo troverete nella prossima puntata.

 

Sabato scorso sono state aperte 14 bottiglie provenienti tutte dal comune di Gevrey-Chambertin, toccando sette dei nove Grand Cru presenti.

 

Assaggi:

 

Denis Bachelet Gevrey Chambertin vielles vignes 2010
Colore vivace, concentrato ma luminoso. Naso che non invoglia, sembra passato nell’affumicatore, corteccia, legno bagnato e frutto. Per contro ha bocca molto acida e scattante, ma da l’idea di costruzione stile lego. Spazzacamin.

 

Jean Louis Trapet Chapelle Chambertin 2011 
Concentrazione di rosso, eucalipto manco ci fossero i koala, frutto rotondo e anguria, potrebbe sembrare Chambolle. Attacco rigoroso al palato, pecca un po’ di crudezza, ma la tessitura e lo sviluppo finanche serrato spazza ogni dubbio sul comune di provenienza. Terroir-ista.

 

Rossignol Trapet Latricereis Chambertin 2009 
Si percepisce il calore, il quale regala pennellate quasi esotiche. Fiori dolci, tartare, spezie dolci. Si muove in supplesse, morbido ma non stancante, ha intelaiatura scolpita a fuoco, saporito. Finto semplice.

 

Armand Rousseau Clos des Rucchottes Chambertin monopole 2011
Sembra fatto da uno di quei vinnaturisti coi paraoccchi. Acetica fuori controllo, e la mia tolleranza è abbastanza alta, abbastanza fine, abbastanza…. no, questa è un’altra degustazione! Sotto c’è l’agrume quello rosso, e dì arancia no!? tè e me. Anche la bocca è fuori controllo, acida come il kefir, ma al contrario di una staticità e di una immobilizzazione, lui ha movimento e personalità. Schizofrenico.

 

Thibault Liger Belair Charmes Chambertin 2010
Un grande vino lo si riconosce fin da subito, dai suoi modi calmi e silenziosi, se lo desideri devi andare a cercarlo. Ciliegia e agrume, balsami e pino. Leggero ma stratificato, un assaggio elegantemente signorile, si apre a coda di pavone e arriva diretto al cuore, gli manca un nonnulla per arrivare alla completezza. Vino ancora comprabile, monetariamente parlando. Dollarmen.

 

Armand Rousseau Charmes Chambertin 2008
Molto Borgogna. Succo e dolcezza di frutto, ampio ma fine. La mano del vigneron nel cru reputato meno importante si sente, e come. Molto più solare di altre annate assaggiate ed in finestra ottimale di beva. Non dobbiamo aspettarci profondità siderali, non arriva a tanto come i suoi fratelli, ma se me lo date 3 volte alla settimana pranzo e cena, lo accolgo volentieri nella mia dimora. Chambolleggiante.

 

Joseph Roty Charmes Chambertin vielles vignes 2008 
Nasce dalle piante più vecchie della Borgogna, le prime post fillossera piantate su piede americano, 1881. Sa di fritto, di tubero, maturazione del frutto importante. Ha tanta materia ma ruvida, grezza. Un uso dei legni smodato a mio avviso, c’è chi asserisce che il vino sia costruito per durare nel tempo, io non ci trovo un bel futuro. La cosa certa è una sola: non è la Borgogna che cerco. Passo.

 

Dugat Py Mazis Chambertin 2004
In annata disastrosa, esce dal cappello un vino prodigioso. Un’interpretazione personale della Borgogna, le lievi note verdi del millesimo non sono banali, incastonate tra la carne frollata e le spezie scure. Eucalipto e frutto scuro sul finale. Difficile collocarlo in Borgogna a bottiglia coperta, ma al contrario del precedente ha grazia e succo. Sorpresa.

 

 

Domaine Bart Chambertin Clos de Beze 2009
Le aspettative erano alte, la delusione pure. Una dolcezza al naso fuori dalle righe, balsami da legno, frutto cotto e passata di pomodoro. Vino con molto volume ma senza grazia. Beva pesante e difficoltosa. NO!

 

Domaine Trapet Chambertin 2013
Colore sfavillante, di una tonalità quasi purpurea. I toni sono tutti giovanili e freschi. Visciola, rosmarino, arancia amara e sale grosso. Espresso per un quarto del suo potenziale, materia imbrigliata ma niente pesantezze di sorta. Molto nitido e pulito il finale di bocca, dove una mineralità netta e impettita racchiude l’essenza di un gran vino che sarà. Estroso.
Domaine Fourrier Clos Saint Jaqcues 2011
Attacca deciso con un vagone di spezie colorate, fiori selvatici, macchia boschiva e frutti di bosco caramellati. Un filo meno in veemenza gustativa, dove si apre con un bel tannino saporito ma non allunga come mi sarei aspettato; l’annata sicuramente non aiuta in questo. Ovviamente stiamo facendo le pulci ad un signor vino, che preso in altra annata spacca i mattoni con la testa, già questo è molto buono. Explosion.

 

Armand Rousseau Clos Saint Jacques 2006 
I due vini più eleganti della giornata sono stati lo Charmes dello stesso vigneron e questo CSJ. Profuma di carne fresca e di fiori, frutto croccante (non lo avevo ancora detto) terra e sandalo.
Potenza e leggerezza sono i due aggettivi che accompagnano un sorso lungo e disteso, profondo (questo si!!!) con richiami dolci e intensi. Coup de cour.

 

 

Bonus Track:

 

Shaw+Smith Pinot Noir Hadelaide Hills 2015
Colore che dimostra almeno 10 anni in più. Naso affascinante, ha legno nobile con toni silvestri, molta dolcezza di frutto; attacca bene il palato ma si squaglia nel periodo temporale di uno starnuto. Jet lag.

 

Clos de tart 2005
Non ho mai capito il mito che si cela dietro a questo vino, non ne ho bevuti un’infinità, ma ogni volta è sempre una delusione. Frutto cotto, cioccolato al rum, kirsch, con una leggera vena balsamica. Bocca sgraziata, tannini secchi, invoglia meno di un tè caldo in Costiera Amalfatana, d’Agosto. Non sembra nemmeno parente alla lontana di un pinot nero, menchemeno di un vino borgognone. Bluff.