La viticoltura irpina ha radici che affondano nella storia dell’uomo: Tito Livio (59 A.C.- 17 A.C.) nella sua opera “Ab Urbe Condita”, menzione una “Taurasia dalle vigne optime”.

Oggi, quando parliamo di Aglianico, di Fiano, di Greco o di Coda di Volpe, gran parte lo dobbiamo alla famiglia Mastroberardino che guidata da Antonio, nel difficile periodo della ricostruzione post bellica, con le contemporanee problematiche connesse all’avvento della fillossera (arrivata in questi territori in ritardo rispetto al resto d’Italia) si contraddistinse per la caparbietà nel rifiuto di piantare uve internazionali, credendo piuttosto nelle varietà autoctone. Questo approccio permise inoltre ai contadini della zona di continuare a lavorare nei propri campi, senza abbandonare i vigneti storici per conferire l’uva ad aziende più grandi che, seguendo la logica dei Mastroberardino, resistettero all’emulazione di un protocollo bordolese che dilagò in gran parte d’Italia, sull’onda del successo dei supertuscans, rimanendo legate all’essenza del vitigno principe del territorio, l’Aglianico. Nel 1993 il conferimento della denominazione di origine controllata e garantita “Taurasi” fu un ulteriore passo verso la certificazione di qualità, ma nel giro dei pochi anni successivi il prezzo delle uve si abbassò vertiginosamente, a discapito della maggior parte dei piccoli conferitori, che con il nuovo millennio decisero di intraprendere un percorso indipendente e, spinti da motivazioni coraggiose, cominciarono ad imbottigliare per conto proprio.

Quello che si può notare oggi è tuttavia una situazione di stallo con un consorzio pressoché inesistente, statico e poco propositivo nella promozione di un territorio dalle grandissime potenzialità ma ancora inespresso. L’eterogeneità dei suoli, dei microclimi, delle esposizioni, potrebbe portare al riconoscimento di una diversità tra un comune ed un altro, e addirittura anche tra le diverse contrade dello stesso comune e spesso, duole ammetterlo, è la stessa mentalità chiusa dei vignaioli, o per lo meno di parte di essi, a mettere paletti per un’utile zonazione delle vigne.

“Contrada Case d’Alto” è di fatto un Grand Cru nel comune di Taurasi, dove l’azienda Contrade di Taurasi  possiede gran parte del proprio patrimonio vitivinicolo. Antonella Lonardo, figlia di Alessandro Lonardo, ci ha raccontato quanto sia legata affettivamente a questo appezzamento, dove si trovava la vecchia masseria dei nonni a cui è fortemente legata per ragioni emozionali. Insieme ai Lonardo anche i Feudi di S.Gregorio e Borgodangelo posseggono appezzamenti in questa contrada, ma non le vinificano separatemente, le assemblano con uve provenienti da altri vigneti, valorizzando il comune solo per metà. Pur essendoci le potenzialità di parcellizzare, a livello vitivinicolo, la situazione si muove a rilento, portata avanti da un manipolo di produttori che cercano in tutti i modi di trascinare anche i più nostalgici.

Oggi, sempre di più, esiste un pubblico più attento e preparato sulle varie sfaccettature di un vitigno dello stesso areale di produzione e per tale ragione bisogna che la scossa data da alcuni, arrivi anche a tutti gli altri e che questo li convinca che questo territorio può fare cose davvero grandi.

Cantine Lonardo

Cantine Lonardo Io e Antonella

La famiglia Lonardo, è una di quelle che tra mentalità, tradizione e innovazione, cerca insistentemente di portare alla ribalta questa zona geografica, sia per quanto riguarda la gestione della vigna – l’azienda è a conduzione familiare, ma coadiuvata da professionisti esterni, tra cui l’enologo Mercurio – che per la promozione commerciale; Alessandro Lonardo, dotato di una mentalità lungimirante riusci qualche anno fa, assieme ad Antoine Gaita, con un grande lavoro di organizzazione svolto dalla prima Presidente Maura Sarno di Tenuta Sarno 1860, a dare forma ad un piccolo consorzio, rendendolo operativo e funzionante, denominato “consorzio diversi vignaioli irpini”; ne fanno parte: Antico Castello, Tenuta Sarno, Luigi Tecce, Joacquin, Villa Diamante, Guastaferro, Le Ormere, Bambinuto. Questa realtà permette loro di promuoversi, partecipando ad eventi e manifestazioni fieristiche, anche in contemporanea  e riducendo così i costi di partecipazione fino all’80%, che per una piccola azienda è una cifra importante. L’azienda Lonardo conta 4 ettari di proprietà, più uno in affitto – tutti coltivati Aglianico – con la maggior densità vitata in Contrada Case d’Alto, più altri appezzamenti in località “Sale”, “Isca”, “Coste”. Vigneti con caratteristiche ben diverse tra loro, grazie a suoli ed esposizioni diverse. I terreni sono di varia composizione a seconda delle zone: si va da terreni più profondi ricchi di argille, a terreni calcarei, ma soprattutto marcati superficialmente da ceneri vulcaniche tendenzialmente sciolte, ricchi in carbonio organico e azoto. Tale diversificazione dei terreni ha portato alla decisione di vinificare tutte le uve dei diversi appezzamenti separatamente, per uscire con un Aglianico Irpinia e tre Taurasi – di cui due da singolo vigneto – “Coste” e “Case d’Alto”, ognuno con le proprie diverse caratteristiche.

Raggiera Avellinese

Contrada d’Alto Cantine Lonardo

Inoltre si vinifica un vitigno che resisteva solo in bassa Irpinia, ma che stava scomparendo dalle campagne, rischiando l’estinzione: il Grecomusc’ (Roviello bianco). Si tratta di un vitigno a bacca bianca, su piede franco, con piante molto vecchie, con sistema di allevamento a raggiera, che arrivano ad avere oltre due secoli di vita. Per far sì che non si perdesse questo patrimonio, è stata creata una piccola associazione con altri quattro contadini della zona, per la conservazione dei vitigni autoctoni, e dal 1999, dopo varie analisi e ricerche, è stato inserito nell’elenco nazionale dei vitigni. Vino che si presta particolarmente bene all’invecchiamento e risente molto l’andamento climatico. Gli assaggi fatti assieme ad Antonella lo dimostrano: 2013 più grasso e materico, frutta a polpa gialla e zafferano. 2014 teso e saporito, più snello e avvitato; bella progressione e piacevolezza; entrambi caratterizzati da una salinità netta.

Grecomusc' vino

Cantine Lonardo Grecomusc’

I Lonardo, pur supportati da una tradizione contadina secolare, sono relativamente giovani come imbottigliatori. Nonni e bisnonni non conferivano le uve ai Mastroberardino, ma vendevano direttamente le botti in paese, a Taurasi, dove tutti gli anni si svolgeva una fiera, alla quale partecipavano dei compratori provenienti anche  dal nord Italia e dalla Francia. Il paese veniva riempito di botti che lambivano i bordi della strada ed i forestieri, assaggiando il vino, potevano comprare l’intera botte a seconda del vino che più gli piaceva.

Solo nel 1992, inizia l’avventura da vinificatori, quando fu costituita una cooperativa di produttori, che tuttavia come tutte le cooperative in questa zona – e non solo – non ha mai funzionato bene e dato che non aveva portato i frutti sperati, si sciolse dopo pochi anni. L’azienda Contrade di Taurasi è una logica conseguenza di quel fallimento cooperativo e della tensione ad una rinascita qualitativa personale quando nel 1998 comincia il suo percorso individuale, costituendosi con il tempo come una solida realtà di Taurasi con idee che guardano al futuro e alla crescita del territorio.