Kengjiro Kagami.
Mito Inoue.
Seiichi Saito.
Koji Nakada.
Tomoko Kuriyama.
Hirotake Ooka.
Mai Hodgson.
Rié & Hiro Shoji.

No, non sono nomi di fumettisti giapponesi, ma bensì vignerons ormai sulla cresta dell’onda, in Francia.
Un’aura attorno ai giapponesi incredibile.
Che alcuni di questi abbiano un gran manico è fuori discussione, che stiano imparando più che bene ad interpretare il loro luogo è ormai appurato, ma è incredibile come le pur poche bottiglie prodotte svaniscano nel nulla in un batter di ciglio e che i prezzi, purtroppo per noi, stiano sempre più lievitando.

Rié & Hirofumi si sono stabiliti in quel luogo incantato qual’è Colliure, alla sua estremità occidentale, dopo aver lavorato un anno con Alain Castex -nel Roussillon la figura paterna dei vignaioli naturali- rilevando 3,5 ha vitati e fondando la tenuta Pedres Blanques, nel 2016.

Un unico lotto piantato interamente a Grenache fornisce le uve per l’unica cuvée della giovane coppia, l’appezzamento è situato in cima a una collina, in un luogo chiamato “Le Raimbau”, la quale domina la spiaggia di Argelès. Grazie alla sua altitudine si riesce a mantenere freschezza nei vini, nonostante la zona imponga un clima molto siccitoso e caldo.

Altra caratteristica, unica di questo luogo, è la profondità praticamente nulla del suolo, si cammina direttamente su lastre di scisto. Oltre a questo un insieme di blocchi di granito, non comune nella denominazione, che da proprio il nome alla tenuta “Pedres Blanques” ed alla sua raffigurazione in etichetta, insiste su delle pendenze vertiginose.

Nessun “vicino di vigna”, solo una grande distesa di vegetazione selvaggia garantisce quell’idea di agricoltura naturale che hanno in testa i due vignerons.

Il vino ha un’energia travolgente. Lo ribevo dopo poco più di un anno e quegli spigoli ancora non si sono smussati. Il sorso avvolge e fodera il palato, i tannini sono incazzati a bestia ma non impiccano lo svolgimento, anzi fanno da perno in un turbinio di piaccantezza e di pressione.
Folate di erbe mediterranee, il mirto che svetta, delle radici amare non ben identificate.
Il calore della roccia, la salsedine che ti bagna.
Ma sa anche di viola, di ribes, di bello, di buono.
Non è sicuramente un vino fine, ma è un concentrato di succo e di sapore. Se poi mettete a tavola un cosciotto d’agnello, mangiato rigorosamente con le mani agguantato dal suo osso, vorreste non smettere mai di compiere questo gesto magnifico.

Rié & Hiro Shoji
Pedres Blanques Vin de France 2018
100% grenache