A lei non piacciono i vini dello Jura, o almeno crede.

Qualcuno lo ha assaggiato, ma dice che sono troppo “aspri”, limonosi.
Mi piace vedere il vino da una prospettiva meno fanatica, può servire per aprirti gli occhi e farti osservare quello che mai avresti pensato. È chiaro che i manici dei vigneron sono diversi e talvolta lo stile tende a uniformare oppure a coprire quell’uva o quella zona specifica, e qua dobbiamo essere bravi noi nel saper scegliere quello che più calza per la situazione.

Dato che avevo voglia di bere savagnin, ne scelgo tre che possono fare al caso nostro. In realtà due, perché quello centrale, Thomas Jacquin, è la prima annata che produce e non lo avevo mai bevuto.

La nuova annata del “Pierre” di Loreline LabordeLes Granges Paquenesses.
La conobbi due anni fa durante il salone dei vini naturali dello Jura alle Saline Royale -nel villaggio di Arc et Senans- ma non fu possibile acquistare i suoi vini in quanto non disponibili, capita spesso con quelli buoni in Jura! Dopo svariate ricerche riesco a trovare i vini e metterli in cantina. Scrissi qualche settimana fa del suo nuovo vino “Les Fées Papillons” 2018, sempre savagnin, il quale necessita, secondo me, di vetro.
Il “Pierre” è sempre molto nitido, puro.
Cresce nel bicchiere ed acquista movimento e sapore. Potrebbe sembrare un vino semplice nella prima parte, ma dategli il tempo di svilupparsi e riempirvi la bocca di sale marino.

Thomas Jacquin, come detto in precedenza, è alla sua prima vera vendemmia in solitaria, duemiladiciotto.
Per essere precisi la prima fu la duemiladiciassette, ma raccolse poco o niente per la gelata che toccò più aree della regione.
Cantiniere presso Catherine Announ a Port Lesnay -Domaine de la Loue- colei che produsse Mondovino e che si trasferì in Jura proprio grazie a quel film, ha deciso di coltivare meno di un ettaro nell’AOC Arbois.
Vino prigioniero della parte alcolica per tutto il pomeriggio. Sotto una buona materia che non riesce ad uscire, lo senti, si sente. È rustico, quasi ferroso, c’è energia, deve sbocciare. Me ne lascio un bicchiere per il giorno dopo. Pufff. Ha svoltato. Alcol sparito, quelle ruvidità si fanno delicatezza e dolcezze tipiche del savagnin, ma mai piacione. Lo ricompreresti? Si.

E poi arriva Labet
Non sto a raccontare chi sia, trovate tutto sul web, altrimenti non basterebbe un post.
Quando entrano in gioco le bottiglie di questa cantina è necessario fare largo. Questo il suo fleur de savagnin 2017, proveniente da 8 parcelle diverse.
La forza dei loro vini è quella di avere ricchezza senza stufare, di avere spessore senza invadere.
È pieno, pieno di sapore, profondità e stratificazione.
Sono quei vini che ti lasciano un senso di piacere e di felicità.

Ah, a lei sono piaciuti tutti e tre.