Parlare di una singola annata nel rutilante pianeta del Chianti Classico, risulta estremamente riduttivo e senza dubbio limitante come ogni volta che a teatro il fascio di luce dell’occhio di bue si sposta ad illuminare alcuni attori, lasciandone altri in ombra.

I distinguo sarebbe più opportuno farli, semmai, sui vari comuni che dividono la denominazione.

Ovviamente le varianti, oltre all’annata, su cui ultimare un’analisi sono molteplici, considerando oltre al fattore umano, la posizione dei vigneti, che qui come da nessun altra parte sono contornati in maniera importante da boschi, grandi mitigatori termici e fondamentali discriminanti per la biodiversità.

Tornando alla nuova annata presentata, ovvero la 2016, in linea di massima ho trovato più slancio e più polpa rispetto ai 2015, benché la maggior parte dei vini risultino ancora indietro, presentando tannini graffianti che all’interno della bottiglia, in fase di invecchiamento, troveranno la loro quadratura. Dobbiamo oltremodo constatare come in taluni casi, il frutto nel bicchiere risulti cotto e la bevibilità bloccata da tannini secchi. Come introdotto inizialmente, le differenze sono sostanziali, in un territorio variegato come il Chianti Classico, ma le uve provenienti da vigneti posti in altura, con esposizioni non pienamente a sud e terreni con riserve idriche importanti, hanno fatto la differenza. Sono Chianti Classico che richiamano la tavola, molto gastronomici.

I vini che ho ritenuto tra i più soddisfacenti arrivano da Castellina, da Radda e da Gaiole, ma devo dire che, a macchia di leopardo, ne ho rilevati in più zone diversificate.

Vorrei tuttavia fare una precisazione, scindendola dalla valutazione di quest’annata; la vera comprensione di questo territorio, deriva dall’analisi dei Chianti Classico, certamente non dalle Riserve ne tantomeno dalle Gran Selezioni e il motivo è presto detto: ritengo che in linea di massima i Chianti Classico “d’entrata” siano vini più definiti, almeno nella prima parte della loro vita, più nitidi, meno artefatti. I fratelli maggiori li trovo ancora, salvo rare eccezioni, troppo caricaturali.

Vini bevuti con etichetta coperta, senza condizionamento alcuno.

Di seguito gli assaggi più convincenti. Con l’asterisco i campioni da botte.

Chianti Classico 2016:

– Dievole ha svoltato.  Vini centrati, graffianti, come sangiovese vuole. Agrume e frutto d’ordinanza. Bocca slanciata, con acidità che vibra sul palato. Bene.

– Monteraponi *
ritroso e d’un pezzo. Spezia e sapore. Quel giusto mix tra severità e bonarietà. Conferma.

– Pomona-Bandini Villa Pomona *  Il più indietro di tutti, però timbrica notevole, frutto, agrume e roccia. Deve assestare alcune cosette, ma ciò non toglie che Monica Raspi è sempre più punto di riferimento per la denominazione. Un grande si.

– Vallone di Cecione *
Pur sempre scalpitante, denota un’energia pazzesca, bella profondità di pari passo con il sale.

– Cantina Ripoli *
esordio come meglio non si poteva chiedere. Ancora in vasca, ma le potenzialità ci sono tutte. Sangiovese gastronomico, dal colore sgargiante, ciliegia da prendere a morsi commisurata alla menta. Bravo Francesco!

– Cigliano *
una riconferma anno dopo anno. Un campione da botte che emana eucalipto come ossigeno, di materia, ma nell’insieme molto amalgamato e centrato.

-Vignamaggio-Terre di Prenzano
ha note marine, di liquirizia e di arancio. Dal tannino saporito, succo e sostanza. Piccante. Sorpresa.

– MonteBernardi “Retromarcia” *
il panzanese atipico (per fortuna!!!)
erbe di montagna e balsami. Si aggroviglia in entrata di bocca, poi riparte ed ha un’autostrada davanti, tutto acidità e sale. Torna bel frutto, facendosi polposo al punto giusto.

– Riecine
Mostra una doppia faccia: sussurrato al naso, cazzuto in bocca. Mantiene finezza, nonostante quel filo di legno da assorbire.

– Castello di Volpaia “Volpaia”
viole ed erbe aromatiche, iodio e rotondità di frutto. Si distende appagandoti, un punto in meno per il finale di bocca, un filo sbavato.

– Buondonno
ribes e pepe bianco, sinuoso e definito. Buono senza voli pindarici.

– Castellare di Castellina “Castellare”
punge un po’ sull’alcol in entrata di bocca, ma poi si distende, pietroso e fruttoso. Tannini presenti e ben messi. Nel bicchiere terziarizza (?!) forse troppo. Punto in meno.

Riserve 2015:

– Caparsa “Caparsino”
Molto timido nel concedersi. Cera, ciliegia e sangue. Bocca di carattere, piena e sincera. Finale tutto agrume.

– Cinciano
origano, incenso, bocca golosa e distesa.

– Dievole “Novecento”
eccolo di nuovo, esce molto bene anche con la riserva. Vini davvero definiti, freschi, che scorrono sui binari centrali, saporito e invogliante.

– Val delle Corti
forti riduzioni iniziali che fanno spazio alla piccantezza della spezia, frutto carnoso e cesta di arancie. Vino che scorre sul palato, fresco (un miracolo per l’annata) e fine.

– Monteraponi “Il Campitello” *
Compresso, sa di cenere e di erbe officinali. Il frutto esce, timido, con richiami di viola e pepe bianco. Vino non prolungato, ma di piacevolezza immane. Azienda che si conferma ai vertici della denominazione.

 

– Podere Castellinuzza
Goloso di giaggiolo ed erbette, amarena e mentolo. Bocca squillante, ampia e solare.

 

– Podere l’Aja
Balsamico e lievemente erbaceo. Bocca fitta e impenetrabile, carattere da vendere. Per gli amanti dei sangiovese meno sussurrati.

 

– Villa Calcinaia 
una coesione tra le parti. Vino stratificato e lodevole. Iodio, tanto iodio.

 

Per concludere.

 

Sono stati assaggiati 165 campioni sui quasi 500 presenti. La priorità l’hanno avuta le “nuove annate”, ovvero i chianti classico 2016 e le riserve 2015. Non ho tralasciato le altre annate, di seguito una piccola menzione per gli altri migliori assaggi:

 

Gran Selezione 2015:

 

Bibbiano “Vigna del Capannino”
Brogioni Maurizio

 

Gran Selezione 2014:

 

Cinciano
Villa a Sesta

 

Riserve 2014:

 

Castello di Radda
Ormanni “Borro del Diavolo”
Castello di Verrazzano
Il Palagio di Panzano
Le Fonti
Rocca di Castagnoli – Poggio à Frati

 

A dimostrazione del fatto che la 2014 non è stata poi così “debole” come la si etichettava.

 

Al prossimo anno.