Circa un’ora di macchina da Beaune. L’ultima dozzina di chilometri -tra Tournus e Cruzille- preservano una campagna incontaminata, un verde che acceca. Siamo sulle alture di Cruzille, ad una manciata di chilometri dal paese, nella Côte Maconnais, una casa di campagna che domina la valle, circondata da una fitta foresta.
Il tempo si è fermato a Sagy-le-Haut. Si entra da un grande portone di legno, e ci troviamo catapultati nel passato: mobili d’epoca, ritratti antichi, bottiglie sparse in ogni dove, un luogo che profuma di vissuto. Un ritrovamento archeologico delimitato da una grande vetrata ci accompagna nella storica cantina.

Una delle cantine più antiche della Borgogna.

I primi scritti che sappiamo della creazione della tenuta risalgono al 922, quando una famiglia di Cruzille cede i loro vigneti all’abbazia di Cluny; in realtà i vigneti esistevano anche in precedenza, ma i monaci, per sfuggire alle tassazioni, li registrarono in questa data.

Nel 1952 fu il nonno di Julien ad acquistare questo casolare di campagna, con due ettari annessi. Originario di Parigi, si trasferisce in questo luogo magico, assieme alla moglie. Dopo il primo anno in cui le uve vennero vendute alla cooperativa, nel 1953 decide di imbottigliare, e da questo momento nulla sarà come prima. Al contrario di quello che gli suggeriscono i vicini, ovvero zuccherare, usare enzimi, pesticidi e compagnia cantante, adotta un metodo rivoluzionario per l’epoca, niente diserbanti, niente insetticidi, e in vinificazione, usando lievito selvaggio, senza solforosa e senza filtrazione. Una rarità per l’epoca, dove si doveva produrre molto, lavorando il meno possibile, per non avere uscite di denaro. Pur essendo uno dei pochi a rispettare la propria terra, con idee avanguardiste, non era ben visto dalla regione, la quale impedì l’accesso ai prestiti, cosicché dovette autofinanziarsi dal 1954 al 1995.

La successione di padre in figlio vede l’avvento prima di Alain, infine di Julien Guillot, nel 2001, a soli 27 anni, anche se dal 1998 già iniziò ad aiutare sia in vigna che in cantina, apportando un proprio ideale. Appassionato di biodinamica, fu lui a introdurre i primi preparativi, convertendo di fatto il Domaine in questo modo di vivere, coltivare e pensare.

Le risposte del suolo e delle fermentazioni risultarono incredibili. Un’esplosione di materia organica nelle parcelle coltivate in biodinamica, con fermentazioni più lente e armoniose delle uve raccolte. Il padre capì subito che Julien stava per scrivere una pagina importante, non solo per Le Clos des Vignes du Maynes, ma per il Mâconnais tutto, tanto da farsi da parte -nel 2002- lasciando le redini aziendali in mano al figlio. Molta fu la fatica iniziale, soprattutto sotto il punto di vista commerciale, in quanto il padre non ebbe mai la capacità di stringere rapporti con i clienti. Un unico importatore Giapponese, il quale comprava il 70% della produzione totale, chiuse la propria azienda nel 2002 e Julien si vide, nel suo primo anno, a fare i conti con il proprio destino.

Le storie della vita sono tanto strane quanto magnifiche. Fu un certo Olivier Camus, noto ristoratore parigino, a presentarsi come serio acquirente di buona parte dei prodotti del Clos des Vignes du Maynes. Si presenta nella casa di campagna a Sagy le Haut, dopo aver assaggiato, per caso, i Bourgogne Rouge ’99 da un macellaio in città, rimanendo folgorato. Data la disponibilità di molte referenze, Olivier decise di presentare a Julien altri ristoratori parigini. Di lì in poi, a cascata, i vini vengono venduti a tantissime enoteche di Parigi, ai ragazzi di Tokyo, Ney York, Copenaghen, i quali stavano lanciando i primi wine bar di vini naturali. Da cinque anni a questa parte, Julien è costretto, suo malgrado, ad adottare la politica dell’assegnazione, avendo poca disponibilità di ogni cuvèe.

Fino ad ora abbiamo parlato di Julien Guillot sul campo, come se fosse nato in vigna, ma non è così. Il suo vero lavoro -per 21 anni- è stato l’attore teatrale, dal 1983 al 2004. Ha proseguito per sei lunghi anni unendo i due lavori, ma non ha esitato molto altro tempo nel capire quale dovesse essere la strada da percorrere. Naso molto sensibile, palato straordinario, cresciuto vinosamente con i vini alsaziani di Jean Pierre Frick, i Bordeaux di Château Le Puy, i Gamay di Christian Ducroux, i Borgogna di Derain. Amante folle (e chiamalo scemo!!!) dei vecchi savagnin e dei Vin Jaune, non appena presa la Laurea, si sposta a Pupillin, a fianco di Pierre Overnoy, per qualche settimana.

Odia sentirsi dire come fare il proprio vino. Un’artista dall’anima ribelle, indipendente per natura, senza seguire stampi e derive modaiole. Pioniere di un movimento capace di svoltare e di mettere in luce una zona -Côte Maconnais- rimasta sempre in penombra, a cospetto della Borgogna più nobile: la Côte d’Or. Un manipolo di 26 vigneron, dai primi anni 2000, ha creato un’associazione con lo scopo di fare vino che rispecchia il proprio territorio. Con una politica dei prezzi poco esosi, e con sempre più interesse per zone meno battute da parte di buyer e appassionati, questa nuova generazione ha colpito nel segno. C’è molta unione tra colleghi, si scambiano i clienti senza gelosie o rancori; fare gruppo, sopratutto in zone meno conosciute, è sicuramente lungimirante e di buon auspicio per il futuro del vino.
Sono stati assaggiati quasi tutti i vini di Julien Guillot, undici per l’esattezza.

Bourgogne Aligoté “Aligo’Rhytm” 2017
100% Aligoté 

È vive è vive. Strizza le papille, limonoso e parte verdastra. Una lieve spalla data dal legno tenta di allargare le maglie di una tensione scapestrata. Da bere con cibi grassi assatanati.

Macon Village 2017
100% Chardonnay 

Tondino, pettinato, un po’ seduto, manca il guizzo. Il vino si rianima con l’aria e la temperatura, qualcuno ha fatto un massaggio cardiaco? vira su note di canfora e incenso, anche in bocca sembra riprendersi, più vivo e più vegeto. Divertente.

Bourgogne Blanc “En Rimont” 2016
100% Chardonnay 

Volatile importante che gioca uno scherzo inaspettato. Naso molto ritroso nel concedersi, frutta esotica, papaya e melone, bocca più dinamica, col sale che esce dai pori e allunga il sorso. Si placa la vena aerea, torna un alunno più composto.

Mâcon Blanc “Clos Fourneau” 2017
100% Chardonnay 

Giovanissimo, legno che cede una nota più dolciastra, quasi sul burro d’arachidi, frutto che fa capolino, ma senza incidere in questo momento; più giocato su erbe aromatiche. Vino concepito sulla lunga gittata. Profondità gustativa notevole.

Mâcon Cruzille “Aragonite” 2017
100% Chardonnay 

È l’insieme dei vini precedenti, ha legno ma non invade, ha acidità ma ben bilanciata, ha equilibrio e spessore. Vino di sapore, compatto e discreto. Buono già adesso, ma lasciarlo in bottiglia può fare solo bene.

Saint Vèran “Cuvee Leandre” 2013
100% Chardonnay 

Energia pazzesca. Vibra e stordisce, frizza e scalcia. Un leone in una gabbia affamato potrebbe essere più tranquillo. Vino dalla potenzialità allucinante. In questo momento l’acidità non è ben amalgamata, viaggia per la sua strada, lasciare riposare, grazie. Cinque anni di legno sui propri lieviti; messo in bottiglia da poco meno di un anno. Prima annata prodotta, tirato in sole 200 bottiglie.

Mâcon Rouge “Selection Massale” 2017 
100% Gamay à Petit Grain 

Presenta chiaramente una deviazione da brettanomyces. Nonostante questo in bocca è vivace con più verticalità della successiva bottiglia.

Mâcon Rouge 2016
100% Gamay à Petit Grain 

Più pieno, più roboante, un numero maggiore di tannini (si, li ho contati!). Iodio e frutto scuro, assimilabile quasi ad un Morgon. Chiude amaro sul finale.

Bourgogne Rouge “Les Crays” 
100% Pinot Noir

Dolce e sexy. Lampone e rosa, con una leggera nota campestre a voler richiamare il raspo. Molto mobile al palato, più un centometrista che un maratoneta. Scoppiettante.

La vigna di questi ultimi tre vini è la stessa. Non ha mai visto chimica per undici secoli. Difatti questo appezzamento di terra fu delimitato dai monaci di Cluny nel 910 d.c. sequestrata dai giacobini nel 1789, venduta all’asta e abbandonata dopo l’arrivo della fillossera nel 1880.
Acquistata dalla famiglia Guillot nel 1952, biologica dallo stesso anno, con conversione in biodinamica nel 1998.

Bourgogne Rouge “Cuvée Auguste”
100% Pinot Fin

Chiusissimo, si è rintanato come una chioccia dal precedente assaggio di Dicembre. Scuro con un lieve petillant. N.V.

Mâcon Cruzille “Manganite” 2017
100% Gamay à Petit Grain

Il contrario del precedente. Aperto, luminoso, sensuale, mano inconfondibile di Julien. Fruttini rossi e dolci, melagrana, rose e spezie delicate. Sorso lieve ma intenso, femminile senza smancerie di sorta. Molto bene.

Mâcon Rouge “910” 2017
40% Pinot Nero 40% Gamay 20% Chardonnay

Vino da antologia. Un sorso pieno di succo e di sale, melagrana e agrume rosso, rosa e peonia, acqua di lago, fragoline e tanta goduria. Texture efebica, tannini impalpabili e di solo sapore. Un vortice di tutto quello che vorrei trovare in un bicchiere. Fantastique.