Non possiamo esimerci dalla soggettività nella valutazione di un vino, ma a volte ci si vuol nascondere dietro a questo paradosso, per non far trapelare ai meno attenti la scarsa attitudine all’onirico liquido. Vediamo sempre più spesso fatidici personaggi, più o meno conosciuti, in compagnia di bottiglie del tutto improbabili -che non si berrebbe nemmeno il miglior vignaiolo italiano Bruno Vespa (sigh)- issate e idolatrate come patrimonio dell’umanità, come emozioni liquide: state bevendo merda, siete falsi come i soldi del Monopoli, avete rotto i coglioni, basta!

Subito dopo la schiera dei markettobevitoridinonsochecosa, ecco arrivare coloro i quali, dopo uno sfuggente assaggio alla fiera dell’est, vorrebbero sancire le proprie conclusioni su di un vino assaggiato nella misura di 0,02 cl, con puzzo d’ascel N.5 dell’avventore che si strofina accanto chiedendo “un gotto di bianco”, spezzando di fatto vini che si risvegliano nel bicchiere dopo una lunga ossigenazione. Le categorie potrebbero moltiplicarsi a vista d’occhio. Sarebbe ottimale istituire come materia principale nelle scuole l’educazione del gusto, non parlando solo di vino, ma di gastronomia in generale, forse cambierebbero alcune cose, ma il potere ci vuole caproni fino in fondo, tralasciando una cultura oramai affossata da ignoranza.

Azienda Agricola La Distesa

La cantina di Corrado Dottori si trova a Cupramontana, in contrada San Michele, un luogo bellissimo, dove le varie conformazioni geologiche, hanno creato suoli differenti, permettendo ai vignaioli locali di vinificare per “Cru” (qua chiamate Contrade) con sempre più maggiore consapevolezza. Un luogo bellissimo dicevo, dove poter ammirare l’Adriatico ma allo stesso tempo l’ Appennino Umbro-Marchigiano, i ripidi pendii e quel profumo di campagna che stordisce.

I vigneti della Contrada San Michele, i quali girano intorno alla cantina, sono i più caldi ed i più assolati dell’intero areale. Un flusso ventoso che arriva direttamente dal mare, aiuta in molte annate più difficoltose, a spazzar via problemi che potrebbero crearsi in vigna. I terreni sono calcarei, con predominanza di marne e gessi nella parte medio bassa, mentre affiora una coraggiosa arenaria nella parte alta della Contrada.

Il ventaglio è atipico per un vino bianco. Se fossimo a parlare di cibo, il suo esordio avrebbe creato scalpore, perchè per una buona dozzina di minuti odorava di prosciutto crudo stagionato tagliato spesso, non scherzo! Si pulisce. Fieno essiccato, camomilla, cereali, origano. Un frutto acidulo che mi ricorda la visciola, ma candita; liquirizia, cent’erbe, pesca, canfora, gesso e iodio. Ganzo vero? Un giorno mi spiegherete come fate a snobbare determinate annate. Sicuramente un grande plauso va a quegli uomini e a quelle donne che hanno gestito una situazione per niente facile, riuscendo a portare in cantina grappoli salvati da muffe e marciumi. Per cui mi pare alquanto azzardato partire prevenuti, soprattutto se abbiamo certi bicchieri davanti.

A distanza di due anni dall’apertura della stessa bottiglia, il naso acquista in spessore, terziarizzando in maniera positiva, il palato rimane una lastra di sale, schizzando nella cavità orale senza la benché minima frizione di alcol, o di qualunque altro fattore terzo, creando un’apertura alare stile albatros reale, inondando la bocca di acidità, ma non è una lama, non ammicca ai tanti vinelli fatti oggi (omologati) dove freschezza e sapidità sembrano essere le due principali prerogative, si gonfia di sapore e attacca di materia, se non è dinamicità questa!! Ricordo la stupenda versione 2013, vino di una profondità disarmante, ma qua ho sentito le fatiche liquide di un vignaiolo, toccando con mano la sua anima. Non fatico a posizionare “Gli Eremi” nei primi cinque bianchi italiani. È scapigliato? Si. Ma se volevo bere un vino asettico bastava scegliere nella marmaglia.

Az.Agr. La Distesa
Marche Bianco Igt “Gli Eremi” 2014
100% Verdicchio