Sappiamo poco di questo vino, le uniche informazioni giunte ai nostri orecchi però sono parecchio evocative.

Mathieu Allante e Christian Boulanger, ex cantinieri udite udite di Labet. Questa notizia non può far altro che accrescere la nostra curiosità, e perché no le nostre aspettative, ritenendo Labet uno dei tre vigneron migliori di tutto lo Jura.

La cantina si trova nello stesso villaggio -Rotalier- zona anche denominata Revermont, a sud della regione. Ci troviamo di fronte alla piana di Bresse, si, proprio dove si allevano quei famosi polli -poulet de Bresse- unica razza di volatili ad aver ottenuto l’appellation d’origine contrôlée nel 1957. Questo può solo far capire quanto sia forte da queste parti l’origine contadina. Sotto l’aspetto vitivinicolo però si è rimasti un po’ indietro rispetto ad altre regioni, in quanto l’attività più redditizia e gli sforzi maggiori sono stati convogliati all’allevamento di mucche da latte. Se ci aggiungiamo lo scarso interesse da parte del pubblico, ecco che i vini ivi prodotti non sono mai riusciti a sbocciare come negli ultimi anni, dove la consapevolezza di un consumatore più attento, ed i prezzi folli di altre regioni, stanno avvicinando tanti appassionati in questa magnifica terra. Per ultimo ma non in grado di importanza, direi per la qualità incredibile delle uve che vengono portate in cantina, di conseguenza degli strabilianti vini che escono a goccioline sul mercato.

Leggo che lo Jura è solo una moda, una bolla di sapone che scoppierà velocemente. Chi parla così è la classica volpe che non riesce ad arrivare all’uva,  non riuscendo a legare rapporti lavorativi con i vigneron, talvolta ostici per i tempi sicuramente più blandi nelle consegne, tal’altre impossibilitati nella fornitura garantita delle bottiglie, perché signori, qua si parla di artigianato nella regione più rurale di tutta la Francia.

Mi fanno sorridere anche coloro i quali pensano che per forza si debba andare alla ricerca del nuovo per arrivare prima degli altri: no! Si chiama passione, indotta da una sana curiosità, cosa che manca a chi beve sempre le solite dieci etichette.

Tornando al vino.

Come scritto in apertura abbiamo poche informazioni dell’etichetta in questione, ne avevamo sentito parlare ma solo di sfuggita, trovato in carta al ristorante, come amanti del Jura non potevamo esimerci nella sua scelta. Le viti a Rotalier poggiano su di un blocco argillo-calcareo, esposte completamente ad ovest, in alcune zone si rinvengono le marne blu del periodo del Lias. Nome ed etichetta che, per gli amanti della cinematografia, potrebbero ricordare il film di Dario Argento “Phenomena”, chissà se i due ragazzi si siano ispirati al regista italiano.

La vinificazione non è in stile ossidativo -voile- anche se al primo naso una lieve crosta di formaggio mista a noci fa capolino, ma è talmente lieve da sparire in fretta. Un vino in continuo movimento, mai sazio di sprigionare luce ed energia. Cristallino il sorso, pieno di componenti marine, dalle conchiglie all’acqua salata, ha densità e buccia. Una densità lieve, mai contratta, intrisa a forti dosi acido/sapide che si intrecciano come i capelli dorati di Rapunzel. Ora la frutta è gialla, matura. Ora esce la liquirizia. Ora l’eucalipto. È un operaio che non smette mai di macinare, lavora da sotto pulsando a manetta.

È vino. È vivo. È vero.