Il Grinch, creatura antropomorfa con la pelliccia di colore verde, vive come un’eremita nella caverna all’interno del Monte Krumpit, che sovrasta la città di Chistaqua. Odia il Natale e qualsiasi cosa vi abbia a che fare. Mi immedesimo per qualche minuto in questo personaggio dei fumetti e dei cartoni animati creato dallo scrittore e fumettista statunitense Dr. Seuss.

Dobbiamo rivalutare e rivalutarci.

Smettiamo di perder tempo con vini che di buono, forse, hanno solo l’etichetta, intesa come figura non figurante. Finché ci troveremo dinanzi a bicchieri palesemente difettati, altri che strizzano l’occhio a mercati lontani mille miglia, altri ancora uguali da S.Maria di Leuca a Kuala Lumpur, ecco, parliamo di tutto e non parliamo di niente.

Ma il vero nòcciolo della questione è quello della trasparenza. Non esiste più il coraggio di affermare che un vino, pur osannato da certe guide farlocche, ha tutto fuorché il succo di quel meraviglioso frutto; menchemeno spiaccicare in faccia la realtà a quegli pseudo-contadini, i quali tentano di cavalcare un’onda che si infrangerà prima di quanto ci si immagini.

Ormai, in un Mondo indirizzato all’omologazione, anche il nostro amato nettare ha preso questa deriva, che si parli di industria o che si parli di bio-qualcosa.

Il rispetto di questa gentaglia verso chi di vino ci vive veramente e si rompe il culo, è pari allo zero. Mi sono ritrovato ad un banchetto di una fiera poco più di un mese fa, spinto dalla curiosità di commenti estasiati da parte dei lor fruitori, osannando tal vignaiolo a non plus ultra del movimento naturaleccheppalle.

Scorgo, dalla folta capigliatura dell’avventore davanti a me, delle bottiglie di birra, e già la pressione sanguigna inizia a salire. Vado all’assaggio del primo “vino”, residuo non svolto completamente, per cui semi-dolce ma in sottrazione, proprio come la moda del momento richiede. Passo al secondo assaggio, rifermentazione in atto, subito mi vengono in mente gli osannatori di cui sopra, e penso all’associazione barrique anni ’90 vini difettati XXI secolo. Il terzo vino evito di assaggiarlo, pur curioso come sono, immaginate il perché.

Potrei fare lo stesso esempio con quei vini studiati in laboratorio, immobilizzati, finti, senza anima, dei quali tutti ne parlano un gran bene senza capirne il perché.

A questo punto mi chiedo dove sta il rispetto da parte degli uni e degli altri, sia verso i colleghi, sia verso il consumatore finale, quest’ultimo accusato di mancanza di rispetto quando emette sentenze, proprio come ho appena fatto.

Allora vi chiederete: quali sono i vini che beve questo rompipalle? Il sottoscritto assaggia tutto, ma poi beve vini che sanno rispettare e rispettarsi. Il sottoscritto beve vini puliti e che trasmettono emozioni. Il sottoscritto predilige vini concepiti in maniera artigianale. Il sottoscritto sta avanzando con l’età e la gente furba gli fa venire l’orticaria.

Il vino è gusto e sapore.

Buon Natale!