Una serata dedicata alla Romanée Saint-Vivant.

 

Parlare di Borgogna ha sempre un fascino particolare, ma al tempo stesso si rischia di cadere nella banalità spiccia, in quanto i testi, oggi, non mancano affatto e gli scritti abbondano sul web.

 

I più celebri ma non i più antichi; tra vigne basse, muretti a secco e grandi croci, se li spartiscono alcuni tra i più importanti Domaine al Mondo. Vosne è la quinta essenza della sinuosità e della leggerezza. Nasi inconfondibili, con quei giardini di spezie che fanno da corollario, riconoscibili in mezzo a mille.

 

Romanèe Conti, Romanée Saint-Vivant, La Romanée, Richebourg, La Tache, Échezeaux, Grands Échezeaux, La Grande Rue; nomi che, per chi mastica vino, fanno accapponare la pelle. Alcuni in regime di Monopole, altri “monopolizzati” quasi per intero dal Domaine de la Romanée Conti, sono in totale otto i Grand Cru in questo comune, non certo isolati in mezzo ad una palude, ma circondati da altrettanti appezzamenti, meglio identificati come 1er Cru e Village.

 

 

Oltre ai secolari muretti a secco, strette stradine dividono un climat da un altro, e girandosi da un lato piuttosto che da un altro, si vedono cambiare gli zeri sul prezzo finale.
La metropoli di Vosne Romanée (ben 429 abitanti) solca il confine a est proprio con il Grand Cru di nostra competenza questa sera, Romanée Saint-Vivant.

 

 

Forse di fama minore rispetto ai “vicini di casa”, ma non certo bistrattato dai malati di Borgogna. Il più esteso tra gli otto Grand Cru di Vosne (9,50 ha) frammentato tra dieci Domaine, in cui fuorché il Domaine de La Romanée-Conti il quale possiede 5,30 ettari, gli altri nove non arrivano all’ettaro. I terreni risultano più argillosi degli adiacenti climat, ricoperti da terre brune, con la presenza di molte pietre. Un blocco argilloso maggiore degli altri -70-80 cm-dopodiché troviamo un substrato ricco in calcare attivo e roccia calcarea marina, dove prevale, soprattutto nella parte alta, il fossile Ostrea Acuminata, il quale si differenzia dai fossili a crinoidi presenti nella fascia bassa. Convinto di avervi fatto una supercazzola dettagliata, vorrei farvene un’altra.

 

Come in precedenza scritto, sono otto i Grand Cru ricadenti nel comune di Vosne, anche se per la precisione due fanno parte del comune di Flagey-Échezeaux, non è difficile intuire quali. Cosa cambia? Niente. È da sempre stato accettato (e vorrei vedere!!) dai tantissimi abitanti di Flagey -545- “l’accorpamento” al comune di Vosne, per fama e importanza.

 

Adesso cercherò di farvi venir voglia di aprire un Saint-Vivant:
È un benzina. Regala tutto nei primi round. Ha nota leggermente verde da raspo, agrume, frutto rotondo e sangue. Tannino puntuto, dolce avvolgenza, con richiami al pepe verde. Non è per niente un vino semplice, ha la sua buona dose di austerità, mitigata dalla dolcezza del frutto. Piacevole.
Domaine de l’Arlot Vosne Romanée
“Les Suchots” 2006

 

L’arancia è candita, lievemente balsamico, ma il legno dolce da dietro si fa sentire. Bocca non molto meglio del naso, vuoto al centro, con tannino secco.
Confuron Cotetidot Vosne Romanée
“Les Suchots” 2006

 

Un naso molto intrigante nella prima parte. Papavero, garofano, lavanda, poi vira sul verde. Molto Beaujolizzato, in bocca lo senti che ha energia, ma imprigionata, come se fosse bloccata da un fattore terzo. Si chiude a riccio e non esce più. Anche il naso rimane abbastanza imbalsamato. La mano di Prieure Roch è molto riconoscibile, un’interpretazione personale più che di territorio.
Prieure Roch Vosne Romanée 
“Les Suchots” 2006

 

Sa di curry. Un naso maturo che farebbe presagire zona molto più calda (sud della Francia?) fiori macerati, arrivando finanche all’ oliva. Materia ce n’è, ma il tannino non permette sviluppo, migliora leggermente nel bicchiere, ma non è il vino che porterei sull’isola deserta.
Follin Arbelet Vosne Romanée 
Romanée-St.Vivant 2009

 

Parte in quinta. Susina e albicocca, poi le noti dolci prendono il sopravvento. Bocca sfaccettata e distesa. Vino da bere senza troppi voli pindarici.
Latour Vosne Romanée 
Romanée-St.Vivant  “Les Quatres Jornaux” 2007

 

Sesto sa di straccio bagnato e di chinotto. Marsala Ambra.
Arnoux Vosne Romanée 
Romanée-St.Vivant 1993
 

 

Il vino che devi cercare, devi punzecchiarlo, ma non troppo, per farlo uscire. Pepe di mille colori, ciliegia, rose rosse per te, caffè mai invasivo, sangue. Non molla di una virgola, penetrante e finemente energico. In beva adesso, in beva per chissà quanto…
Hudelot-Noellat Vosne Romanée
Romanée-St.Vivant 2002

 

 

 

Ha dei grossi problemi al naso che non se ne vanno nemmeno a scaraffarlo. Cartonato, umido, sa di humus e di muschio, ma non da evoluzione. In bocca altra storia. Texture finissima, danza sulle punte, appagante il finale tutto succo. Dottor Jekyll e Mr. Hyde.
JJ Confuron Vosne Romanée
Romanée-St.Vivant 2002

 

Uno straordinario naso color arcobaleno. Il mandarino è candito, spezie orientali a dismisura, il frutto esce alla lunga e non ti molla più. Rosso. Rosso ferrari. Il vino più salato della batteria. Tannini fitti, ancora lievemente duri, ma non bloccanti, anzi, permettono al sorso di allungarsi e disciogliendosi si fanno salati.
Arnoux Vosne Romanée
Romanée-St.Vivant 2002

 

Soffuso? Da cercare? Manco per niente… esuberante se proprio vogliamo dargli un aggettivo. C’è di tutto e di più. Spezie di ogni colore, ciliegia e mora, incenso. Continua a spingere attonita sul palato con spezie orientali, sale che mette sempre più sete, un’esplosione raffinata, un vino senza tempo, struggente.
Leroy Romanée-St.Vivant 2001

 

Al contrario del precedente, si presenta quasi timido al primo incontro. Iris, ciliegia dolce, spezia delicata, mandarino. Viene servito per ultimo e anche questo secondo il mio modesto punto di vista lo penalizza un po’. Vino da cercare, silenzioso sgattaiola quatto quatto nelle fessure palatali, disteso e centrale. Potrebbe sembrare fugace ma in realtà risorge come l’araba fenice. In questa serata sono due i vini che lo guardano dall’alto.
DRC Romanée-St.Vivant 2001

 

Considerazioni finali:

 

Vero è che le annate erano diverse, ma i vini di Noellat e Arlaux hanno tenuto testa ai mostri sacri, senza se e senza ma!

 

Un ulteriore conferma sulle bottiglie ‘vecchie” di Borgogna: sono i vini più sensibili e delicati del pianeta, per questo vanno trattati ancor meglio di altre bottiglie.

 

Vive le France.

 

Photo Credit
Winehog