Gli eventi collaterali durante la kermesse scaligera dilagano, i vari movimenti e associazioni vinnaturiste martellano incessantemente senza esclusione di bicchieri. La settimana più alcolica dell’anno è sicuramente questa, colei che chiude tutte le feste comandate, ah no, ce ne sono ancora, vabbè.

 

Facciamo un’analisi meno tecnica e più concisa.

 

Dobbiamo, secondo me, ritornare a fare vini buoni innanzitutto, prima di sbandierare al Mondo il proprio entusiasmo verso una certa direzione. Non sono qua a difendere nessuna categoria, però il vino nel bicchiere deve arrivare senza difetti, inutile continuare a farli passare come caratteristiche, alla fine della fiera la gente si stufa ed il filone scoppierà come una bolla di sapone.

 

Secondo le varie associazioni di settore, il cosiddetto “vino naturale” dovrebbe evitare la standardizzazione di quei prodotti ottenuti da agricoltura convenzionale e da tecniche di vinificazioni invasive, mettendo in primo piano e facendo esprimere le caratteristiche dei diversi vitigni e territori, se continuiamo a “coprire” con volatili a 2, brett, riduzioni che non togliamo nemmeno a scecherarlo come il più buono dei cocktail, oppure macerazioni e rifermentati in bottiglia uguali da Noto a Vipiteno, la confusione si moltiplica; sarebbe come mettersi sullo stesso piano di tutti quei vini svuotati da dentro, senza più un’anima propria, standardizzati appunto, con palati tutti uguali.

 

Una lancia va spezzata a favore di molti produttori italiani, i quali, visti alcuni errori del passato, hanno cambiato rotta, portando nel bicchiere liquidi più nitidi.

 

Non ho partecipato alla conferenza tenuta da Josko Gravner a Cerea -Sabato- ma pare che più di qualcuno si sia indignato per le sue forti parole, estrapolate in un discorso molto ampio, avendo voluto strumentalizzare il personaggio.

 

Parlando dei vini assaggiati ho trovato alcune cose davvero terribili, altre di buon approccio, le “sicurezze” sempre molto centrate.

 

Vodopivec Solo MM15
vitovska terrena, ancora in fasce, deve scrollarsi di dosso una certa rigidità, ma se si vuole fare un vino bianco con vinificazione in rosso, passare per Sgonigo (Ts) e imparare, l’omologazione di tutti i macerati porta all’esasperazione, noi questi vini vogliamo!

 

Rivella Barbaresco Montestefano 2013
bocca cangiante, tannino che aggrappa ma riparte, si distende su toni balsamici, finanche esotici. Chapeau Mr.Rivella.

 

Serafino Rivella

Quinta do Passo “Humus”  Vino Branco 2016
Due masse separate, una in una barrique, una in un’altra, il primo a contatto sulle bucce per 2 mesi, il secondo 6. Le uve sono Arinto e Fernao Pires. Vorrei scrivere dell’altro ma la mia conoscenza dei vini Portoghesi è simile a quella in Aeronautica. Vino che mi ha impressionato per spinta acida e marina, l’influsso dell’Atlantico è notevole, vino compiuto e disteso.

 

 

Francesco Marra Negroamaro 2015
un rincorrersi di toni maturi veicolati da una leggera volatile che riesce finanche a distenderlo e portarlo in profondità. Ha si le spalle larghe ma commisurate.

 

Skerlj Malvasia 2015
vento di sapidità, vino di materia ma mai spanciato.
 
Massa Vecchia Batone 2017
nuova etichetta per l’azienda di Massa Marittima. Ho sempre preferito il loro bianco da Vermentino ed il rosato, ma con questo rosso si è raggiunta l’apoteosi della bevibilità e della piacevolezza. Un inno al mare, succo e agrume, schiettezza e nettezza. Pane e salame. Costa poco, vale molto.

 

Altro giro, altra corsa.

 

A Villa Favorita mancavo da due anni. Ho trovato sicuramente una quadratura maggiore, vini senza esasperazioni talebanistiche. Le prime due menzioni vanno alle due aziende le quali mi hanno maggiormente colpito, Domaine de Courbissac e Weingut Heinrich.

 

Domaine de Courbissac
ci troviamo nella regione vitivinicola della Languedoca, sud della Francia, tra Carcassan e Narbon. Sono sei le cuvee in degustazione, ottenute dalle uve a bacca rossa Grenache, Mourvedre, Carignan, Cinsault, da quella a bacca bianca Muscat, Marsanne, Grenache Blanc e Terret.
Segnalo un’etichetta bianca ed una rossa:

 

L’orange 2017
prevalenza di Marsanne (70%) con restante Grenache Blanc e Terret. Agrume ed erbe aromatiche, un filo di alcol in entrata che tende a distendersi, vino di presenza ma non urlata.

 

Roc Suzadoc 2015
grenache e carignan in egual misura. Vino che ti conquista per energia ed elettricità. Naso ancora molto compresso ma il frutto è croccante, un profilo mediterraneo e solare.

Brunnhilde Claux Domaine de Courbissac

Weingut Heinrich
siamo a sud/est di Vienna, la zona non è vocata come la Wachau, clima molto caldo. Si può lavorare rispettosamente con 100 ha?! A quanto pare Philine Diegner ci è riuscita, riconvergendo un’intera azienda.
 

 

Weisburgunder Leithaberg 2015
sale e gesso, patina in bocca che fluttua, bella pulizia finale

 

Roter traminer Freyheit 2016
avete presente quei traminer dolci, molli, profumatissimi? Ecco, questo non fa parte di quella categoria. Ha struttura, taglia come una spada, i profumi sono calibrati, porta con se un bagaglio ricco di sapore e mai stucchevole.

 

Edelgraben Blaufranchisc 2015
vino ottenuto da singola parcella, rese bassisime, per una golosità del frutto che vira sull’agrume rosso, un filo di legno lo “sporca” leggermente sul finale ma con un po’ di vetro sono convinto che l’integrazione porterà più stratificazione.

 

Oriol Artigas
Catalunya, 10km appena fuori Barcellona.
Il movimento spagnolo è in forte crescita, ho trovato i vini di quest’azienda traballanti, ma La Bestia davvero molto, molto buono. Da uva Xarel.lo.
Balsamico, pesca bianca e origano, sale e sole. Il sorso è pericolosamente inarrestabile. Ottima la corrispondenza gusto-olfattiva.

Eric Texier
al contrario del precedente, qua vengono sfornati vini decisamente chiari e definiti, su tutta la gamma.
Il Brezeme Blanc 2017 da uve Roussanne è iodato, dritto, con un finale cristallino e vibrante.
Al contrario lo Chateaneuf du Pape Blanc 2016, ha grassezza e spessore, balsami intrisi e spezie dolci. In bocca punge come una zanzara, ritorna gran frutto e anima. Quando avrà assorbito il legno sarà davvero grande.
Chat Fou 2016 Grenache 60%, Cinsault 15%, Carignan 15%, Chasselas 10% pane e salame. Un cartone per me, grazie.
Brézème 2016 da uve Syrah in purezza ha frutto netto e schioccante, spezia scura e polpa. Trama fitta e sapida, allunga su toni rossi, buonissimo.
Gli ultimi due vini, Brézéme Vieille Serine 2014 e lo Chateaneuf du Pape 2013 sono un ancora incastrati dal legno e più sulla concentrazione e maturità del frutto.

 

Carlo Tanganelli “Anatrino” 2016
In Val di Chiana, precisamente a Castiglionfiorentino,  si fa un gran bel trebbiano. Quando la macerazione non prevalica sul vitigno, ma apporta spessore. Una settimana sulle bucce, vino salatissimo, bella struttura che gioca partita alla pari con allungo acido.

 

Angiolino Maule “Pico” 2016
Non sempre mi convince questo vino. La 2016 ha tutte le caratteristiche che cerco in una Garganega. Acidità, sapidità, iodio, con punte più mediterranee. Invogliante.

 

C’era una volta…….

 

Prima edizione. In una splendida cornice di una villa privata a circa 20 chilometri da Villa Favorita, precisamente a Barbarano Vicentino, va in scena quello che, appena parcheggiata la macchina, sembrava l’ingresso di un after-hour.
Aria spensierata -tant’è che non ho preso nemmeno appunti- un gruppo di musicisti con chitarre e violoncelli, 30 i produttori, sistemati sotto ad un loggiato, perlopiù francesi, ma non mancano spagnoli e una sparuta rappresentanza italiana. Diciamo che è stata una giornata molto divertente, vuoi anche per la novità, pure se con diversi vini alquanto discutibili.

 

 

Gli assaggi più convincenti:

 

regione emergente l’Auvergne, ho assaggiato qualcosa nell’ultimo viaggio in Francia. Sono rimasto particolarmente sorpreso da due Vigneron che portano il nome di Benoit Rosenberg e Fred Gounan.
Il primo ha due vini, un Gamay rifermentato che lascio volentieri al prossimo ed un intrigante Gamay “Verre de Terre” 2014 dai toni coloriti, agrumati e tanto succo. Anche Gounan presenta due vini, un bianco e un rosso. Il primo è un assemblaggio di Pinot Grigio e Sauvignon, profuma di menta piperita tuffata in un sorso vivace e salato, molto buono anche il Pinot Nero.

 

Il rasta Wine Maker Yann Durieux tira fuori dal cilindro tre bombarde.. “Les ponts” 2016, non ancora in commercio, proveniente dai vigneti nella Haute Cote de Nuits, saporito, agrumato, fruibile e scattante. Saliamo di livello per posizionarci sul “Les 1er Ponts” 2014, dinamico, ampio e fitto.
Adesso prendete fiato perché questo vino è dinamite: “Jeannot” 2014 torna quello stile Roch, toni verdastri, spezie e fiori secchi. Frutto ridondante che arriva dal basso. Grande bottiglia!

 

 

Guigner un vero artigiano del vino. Da comprare a pancali due cuvee “Bistere” e “Moncailleux” 2014, provenienti dal villaggio di Regnier, vini che mettono sete.

 

Al prossimo anno.