Esistono esperienze capaci di far vibrare corde molto profonde del proprio essere, al di là della questione vino.

La vendemmia è un momento peculiare, dai toni intimistici, molto personali quando succede che la si respiri a pieni polmoni, vivendola ogni istante della giornata, anche se quei gesti non costituiscono la propria vita normale e quello non è neanche il proprio mondo.

 

Al mattino la colazione è ricca, con caraffe di una non meglio precisata bevanda lì tuttavia qualificata come caffè, una quantità di burro bastevole per un esercito e poi un bel po’ di salumi e di patè, inno alla leggerezza. Per lavorare in vigna occorre tanta energia e come sportivi prima di un duro allenamento, non abbiamo mai esitato nell’incamerarne a più non posso di energie.

 

Un rapido briefing prima di partire per la suddivisione dei compiti specifici e la giornata ha inizio. Che splenda il sole o che la pioggia ci bagni, il vento sferzi forte su di noi o l’umidità ci entri nelle ossa, nessuno di noi è frenato nell’entusiamo e la fatica si affronta con maggiore convinzione. I terreni in alcuni lieut-dits sono pieni di sassi, le vigne basse e per la raccolta dei grappoli più vicini al terreno la posizione per buona parte della giornata è con le ginocchia a terra, un sacrificio fisico davvero non indifferente che si cerca di attenuare cantando tutti insieme ballate popolari ed interrompendo una gestualità talvolta ripetitiva, ingaggiando una vera e propria guerra di lancio grappoli (eh si, facevamo selezione!!!). Benché stremati, è pur sempre una festa.

 

 
Siamo noi quelle macchioline in movimento che dalla rue de Grand Cru, vanno su e giù nei vigneti più in pendenza. Come flash: i camion ordinatamente in fila lungo le strette strade dei villaggi. I canti popolari. I clacson che suonano all’impazzata alla fine della vendemmia. La Paulèe. I Porteer. I Secautors. I trattori saturi di uva che andranno in quelle bottiglie, a noi tanto care. Togliere anche solo un grappolo da quelle vecchie viti, mi ha fatto sentire parte di loro, un vero ragazzo di Borgogna, anche solo per una decina di giorni.

 

Sono stato a Vosne-Romanèe -nella patria- ospite della famiglia Rion, per capire da vicino come si possa arrivare a picchi così elevati parlando di vino. Persone magnifiche i Rion, fortemente legate tra loro. Il Domaine nasce nel 1890, quando Pierre Rion, fattore allo Château della Berchère a Nuits Saint Georges, iniziò ad acquistare appezzamenti in Cote D’Or.
L’ampliamento del corpo vitato fu opera del figlio Louis, che lasciò in eredità al figlio Marcel tutta la proprietà.

 

 

 

Di padre in figlio nei primi anni Settanta, Bernard, tutt’oggi al timone del Domaine, iniziò a collaborare con il padre, Marcel.

Assieme alla moglie Armelle ed alle due figlie, con i rispettivi mariti, sono oggi l’anima del Domaine, portando avanti vinificazioni con diraspature totali e macerazioni che si spingono fino alle tre settimane, in cemento.
Affinage in piece da 228 lt come si conviene da queste parti, con il legno nuovo, che, a seconda delle annate, può essere usato anche sui village.
Alice, la secondogenita, dopo aver studiato viticoltura a Beaune, sta seguendo le orme del padre e sembra lei la più vocata a seguire tutto quello che succede in cantina, assieme al marito, Louis.

 

Parcelle che si suddividono su 8 ettari in quattro comuni della Cote de Nuits, questi i più importanti:
Vosne Romanee “Les Chaumes” – Chambolle Musigny “Les Gruenchers” – Vougeot “Clos Vougeot” -Nuits Saint Georges “Les Damodes”; più due appezzamenti classificati village: “Les Echezeaux” a Chambolle Musigny e “Les Lavierès” a Nuits Saint Georges.
Inoltre posseggono vigneti nell’AOC Bourgogne, principalmente ai lati della strada nazionale e della ferrovia, sotto l’appellation régionale: Bourgogne, Bourgogne Aligoté, Coteaux Bourguignons, Hautes-Cotes (non proprio vicini ai precedenti). Quattordici le etichette totali.

 

Qualche assaggio:

 

Nuits Saint Georges 1er cru “Les Murgers” 1995
cupo, aghi di pino e china. Bocca dura, poco risoluta, sembra imbrigliato come un pesce nella rete di un peschereccio.

 

Nuits Saint Georges 1er cru”Les Murgers” 1998
ha una beva più sciolta rispetto al fratello maggiore, disteso e snello. Accenni di cassis. Non ha profondità stellare, ma la bottiglia finisce all’istante.

 

Vosne-Romanèe 1er “Les Chaumes” 1995
aggraziato e setoso, forma una patina di piacere sul palato, carezzevole. Frutto rosso netto con anice e fiore da diario.

 

Chambolle Musigny 1er cru “Les Gruenchers” 2001
in beva, senza picchi immaginifici, non vedo ulteriori miglioramenti.

 

Chambolle Musigny 1er cru “Les Gruenchers” 2003
la rovente annata sprigiona tutta la potenza alcolica già al naso, con sensazioni di Mon Chéri e frutta macerata. Una bocca però sbalorditiva, per trama levigata e mineralità.

 

Assaggi da botte 2016:

 

Da segnalare la bontà del Bourgogne Rouge, succoso e prolungato, per la modica cifra di 14 euricchi!!!

 

Chambolle Musigny 1er cru “Les Gruenchers”
legno dolce che copre, in questa fase, il frutto. Bocca poco slanciata, giocato forse troppo sulla rotondità, piacione.

 

Vosne Romanèe 1er cru “Les Chaumes”
fiore e sangue, eleganza e nettezza. Buono buono!

 

Clos Vougeot Grand Cru
ancora coperto dal legno, ma la bocca risulta elastica. Soddisfacente.

 

Assaggi da bottiglia 2015:

 

Nuits Saint Georges “Cuvèe Dame Marguerite”
definito, stirato, succoso. Godibile.

 

Nuits Saint Georges 1er cru “Les Murgers”
fumoso, trama tannica fitta, finale di liquirizia. In fase di definizione.

 

Vosne Romanèe 1er cru “Les Chaumes”
timido nel concedersi, devi cercarlo. piccoli frutti del sottobosco sullo sfondo,  una bocca seducente e saporita.

 

Clos Vougeot Grand Cru 2015
molto indietro, duro e scontroso.

 

 

 

Paulèe, festa di fine vendemmia.