Le verticali sono da sempre la mia passione.

 

Adoro il senso di continuità che le contraddistingue. Una successione di differenze, di alternanze, imperfezioni, peculiarità insomma di millesimi.

 

Adoro la loro assoluta imprevedibilità. Tutto può accadere, le attese per la grande annata si scontrano con la sorpresa per la piccina in grande spolvero.

 

Adoro il loro essere metafora di vita. Ti aspetti delle realtà e te ne giungono altre; e non sono solo differenti, sono spesso opposte.

 

Adoro il senso di tensione che lasciano. L’adrenalina non scende, si rimugina su odori, sapori e considerazioni fino al sopraggiungere dell’alba.

 

Adoro la difficolta che le contraddistingue. Sono un campo sdrucciolo con cui misurarsi, la platea spesso si divide in fazioni nette, sulla soglia della controversia.

 

Adoro il senso di completezza che conferiscono. Finalmente si può essere certi di aver compreso a pieno la maison, il vigneron, lo stile, le uve, l’appellation, il vino.

 

Adoro il senso d’incompiuto che trasmettono. Le certezze si sgretolano, e tutto fugge: la maison, il vigneron, lo stile, le uve, l’appellation, il vino.

 

Contraddizione? Nossignori!

 

Il paradosso degli apposti è l’anima di Dom Perignon. Ogni bottiglia risulta spezzata tra chardonnay e pinot nero, freschezza e maturità, ossidazione e riduzione, acidità e morbidezza, sale e liqueur.

 

Lo champagne Dom Perignon nasce, a dispetto della leggenda, nel 1936 da un’idea di Robert-Jean de Vogüé, l’allora presidente di Moët & Chandon, deciso a creare il nuovo champagne di punta della maison.

 

Per i primi millesimi furono utilizzate le riserve della famiglia Moët a partire dalla mitica 1921, ma è nella vendemmia 1947 in cui si raccolgono i frutti col fine di produrre la cuvée Dom Perignon.

 

Consacrare la nuova nata al cellario più famoso dell’abbazia di Hautvillers, la cui leggenda narra che abbia inventato lo champagne stesso!, è stata mossa commerciale incredibilmente arguta che ha contribuito al successo infinito della bottiglia ormai stampata nell’immaginario di cubiste e degustatori.

 

Dom Perignon è oggi simbolo di lusso, eleganza, stile e prestigio. Le bottiglie grazie alla abbondante produzione sono reperibili ai 5 angoli del globo ed anelate da qualsiasi wine lover.

 

Nella verticale in oggetto abbiamo messo a nudo 7 annate della prima plenitude di Dom Perignon, 5 delle quali consecutive grazie al grande lavoro svolto negli ultimi anni dallo chef de cave Richard Geoffroy.

 

Eccole:

Dom Perignon

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 2006

Crema di pistacchio al naso, seguita da una impattante nota di vaniglia. Accompagnano pepe bianco e frutti maturi, seguiti da caffè e zenzero.

In bocca entra pistacchio come sopra, diventa candito ed esce con accenno di fungino.

Sorso ampio ed elegante solcato dalla giusta acidità. L’ultima goccia si rivela citrica e salata.

A bicchiere vuoto: il tabacco da sigaretta.

 

Un Dom sborone ed urlato, contraddistinto da una nota legnosa molto pronunciata e a tratti sganciata dalla materia non gigante della bocca. Romagnolo.

 

[la 2006 passa al secolo come un’annata nel complesso calda e secca: luglio quasi afoso,  agosto di pioggia e basse temperature, che hanno portato non pochi problemi, e settembre caldo con notti fresche. Sulla carta l’annata sembra buona ma le muffe d’agosto hanno avuto il loro peso.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 2005

Impenna salmastro con timbro verde, seguito da una sensazione marina molto forte. Appare il floreale bianco con la torrefazione in sottofondo, il caffe diventa chicco per poi sparire e divenire esotico con tratti d’erbe officinali.

In bocca riparte da dove ci ha abbandonato il naso con lime e ananas a farla da padrone, segue una nota di peperone scottato e chiude con accenni erbacei misti al sale che ti si asciuga sulle labbra dopo un tuffo. Bocca verticale, fresca e tesa.

A bicchiere vuoto: temporale estivo.

 

Il mio preferito in questa batteria. Un vino che va cercato, va inseguito, di non facile lettura ma dinamico e assetante. Pieno di sorprese. Il mare in bottiglia.

 

[anche la 2005 si configura come annata calda e secca, luglio e agosto afosi con settembre molto avverso. Maturazione ok, ma diversi problemi di marciume.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 2004

La torrefazione molto spinta si accompagna ad una nota vanigliata appena accennata. Un sentore marino fa capolino nella perfetta orchestra delle note tostate che impazzano nel calice. Si affacciano anche l’agrume e le spezie orientali. In bocca apre citrico, il caffè conduce scorribande inarrestabili e chiude su note da tabacco biondo. Sorso pieno, tondo, a tratti maestoso, molto elegante.

A bicchiere vuoto: la tazzina.

 

Rispetta le attese ed è trionfo del caffe in tutte le sue forme. Fotocopia di assaggi precedenti, dà l’idea di un Dom compiuto da tempo, che non accenna al cambiamento. Perfetto ma prevedibile.

 

[il 2004, millesimo ricco e generoso, inizia con una fioritura perfetta e si conclude con una altrettanta maturazione grazie al grande caldo di fine agosto che verrà controbilanciato dalle notti fresche di settembre cha hanno sostenuto le acidità.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 2003

Si mostra subito vinoso, tabacco e vanillina, qualcosa di fungino e infine il confetto.

In bocca nocciola, fungo e sale. Vintage dalla trama quasi tannica, di bocca piena ma sgraziata. Il sorso non risulta dinamico ed è a tratti pesante. Lascia una sensazione salina mista ad un tocco d’alcol eccessivo.

A bicchiere vuoto: frutti rossi.

 

Peccato! mi aspettavo una bottiglia in ripresa rispetto ai primi assaggi. Sono grande amante delle annate piccine e sfortunate ma qui ad oggi non si arriva alla sufficienza. Delusione cocente.

 

[l’estate più calda degli ultimi 50 anni, la grande gelata di aprile e la grandine di giugno hanno messo a dura a prova il vigneto champenoise nel 2003. La maturazione troppo repentina di fine agosto non è stata bilanciata dalla frescura notturna e si è così assistito al crollo delle acidità.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 2002 Magnum

Agrumato sin da subito con una meravigliosa venatura di lime ad impreziosire il tutto. Poi vaniglia e timo. Arriva di colpo l’esplosione marina con tracce di cacao e pepe bianco che fa sussultare. La bocca sventaglia note boisé, crema chantilly e nocciolina con un finale così salato da sembrare eterno. Palato caratterizzato da un grande passo, esplosivo sia in ingresso che in uscita, non ci sono sbavature. Acidità, agrume e sale.

A bicchiere vuoto: ostrica.

 

Un bicchiere che è dinamite pura naso/bocca, fresco e avvolgente, furbo ed appagante.

Mette immediatamente d’accordo l’intero panel d’assaggio e fa partire anche una ola. Rock.

 

[2002 il grande millesimo della serata: caldo e asciutto, con lunghi periodi soleggiati alternatisi a precipitazioni passeggere e leggermente più copiose nei giorni antecedenti la vendemmia.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 1998

Ricorda il panettone caldo del Natale. Mandorla, canditi, brioche e cioccolato bianco. Si accoda lo champignon tritato e la pietra bagnata. Bocca con note di caffe, uvetta ed ancora canditi. Il fungo guadagna spazio all’assaggio, poi giunge una nota leggermente calda. La bocca non decolla e anzi si siede stanca.

A bicchiere vuoto: fungo.

 

Mi aspettavo molto ma resto fortemente interdetto da questa cuvée molto più in sintonia con la ‘80 invece che con la ‘02 da cui solo 3 vendemmie la separano. Sfibrato e sfinito.

 

[grande caldo agostano e forti piogge nella prima quindicina di settembre hanno creato grossi grattacapi agli abitanti della regione che hanno comunque portato a casa un raccolto sano e di qualità.]

 

 

Champagne Brut Dom Perignon 1980

Smalta in apertura, roteando il calice si libera subito dell’acetaldeide da fine corso dello chardonnay ed appare un compendio di frutti gialli maturi, mandorle e creme bruleé.

In bocca ha note da passito, la scorza della sanguinella e un tocco di salino. C’è tensione e spinta. L’accenno d’agrume dinamizza il sorso e invita a ritornare.

A bicchiere vuoto: uva passa.

 

Un bicchiere magico, più performante del ’98, che gioca sul contrasto tra le note più dolci del naso e l’acidità residua della bocca. Vintage.

 

[Non si hanno molte notizie del millesimo se non che la vendemmia fu modesta e tardiva.]

 

 

 

Sale, torrefazione e agrume s’impongono come leitmotiv della serata in particolare e della cuvée Dom Perignon in generale. Grinta ed energia percorrono alcuni bicchieri più di altri. Alcuni millesimi tradiscono, altri sorprendono. I miei commensali discutono animatamente mentre una delle ultime sera d’estate scorre via, fugace e leggera. Un soffio di malinconia mi pervade subdolo ma lo rifuggo con l’ultimo sorso di 2005 che sa d’arancia e ostrica.

 

Le meraviglie della verticale.

 

 

 

Credits:

  • le impressioni sono state raccolte durante la serata “Vertical tasting: Dom Perignon!” svoltasi in data 30/08/2017 al Caffè Giuliani di Ancona.
  • si ringrazia Michele Angelo Zannini e tutto il suo staff per l’ospitalità dimostrata e per aver contribuito al successo della serata.
  • Si ringrazia Grandi Bottiglie Wine Merchant per la selezione dei vecchi millesimi.